
14 Lug USA: le strategie vincenti del ride sharing.
Lyft, servizio di ride sharing già attivo in oltre 60 città statunitensi, è sbarcato a New York . Dalla serata di venerdì 11 luglio circa 500 autisti sono a disposizione di chi chiederà (tramite l’apposita app) un passaggio nei quartieri di Brooklyn e Queens per un raggio di massimo 60 miglia – facendosi identificare da un paio di enormi baffi rosa attaccati al parafango anteriore.
Ciò va ad aggiungersi al circuito Uber che opera a New York già da un paio d’anni, in particolare a Manhattan e conferma l’ulteriore espansione (e la domanda) di simili servizi grazie anche all’interesse del venture capital: i finanziamenti complessivi di Lyft hanno superato i 300 milioni, mentre Uber vola a circa 1,5 miliardi.
Anche se al momento entrambe le start-up sono in perdita, l’espansione in mercati importanti come New York è cruciale, tenendo anche conto delle attuali problematiche sulla prevista regolamentazione di queste operazioni. Al momento Lyft, per esempio, scavalca molte norme locali perché ufficialmente non è datore di lavoro di nessuno dei suoi autisti. Questi vengono infatti qualificati come appartenenti a una “piattaforma di trasporti peer-to-peer”, non a un’azienda di taxi o limousine. E quindi non hanno diritto ai benefici (giorni di vacanze e malattie pagate, assicurazione salute, ecc.) dei comuni impiegati.
L’accordo stabilisce altresì che le automobili personali vanno ripulite e lucidate ogni settimana, la musica è obbligatoria, e gli autisti non devono essere troppo amichevoli con i clienti (“Siamo una community di rideshare, non un servizio di dating”). Meccanismi interni che, a detta delle stesse aziende, garantiscono una qualità operativa analoga a quella raggiunta dalle regolamentazioni statali. Evitando al contempo di sottostare a rigide normative impiegatizie, licenze, tasse e altri requisiti.
Invece la strategia di Uber è diventare grande, diffusa e soprattutto indispensabile come servizio pubblico, anche per prevenire l’imposizione di divieti o restrizioni legali. Per questo l’azienda californiana sta cercando di imporsi al meglio nelle metropoli più affollate, e con tariffe ridotte (se non proprio stracciate). Il servizio UberX è appena sceso del 20 per cento a New York e del 25 per cento nella Bay Area di San Francisco, con analoghi piani per Los Angeles . Tagli a spese dell’azienda: secondo alcune fonti, un passaggio a San Francisco che prima costava 15 dollari ora costerà 11,25 ai passeggeri, ma l’autista verrà pagato comunque 12 dollari.
Pur rimettendoci in senso stretto, Uber sembra puntare sul modello di Amazon, ampliando cioé al massimo la diffusione sul territorio e la base dell’utenza. Imponendosi al contempo come soggetto trainante per l’economia nazionale, se e quando politici o amministratori locali dovessero provare a limitarne l’operatività.
–Bernardo Parrella
Bernardo Parrella. vive da anni nel Southwest Usa e collabora come giornalista freelance, editor, traduttore e attivista con testate e progetti italiani e internazionali. L’ultima sua traduzione è “Rewire” di Ethan Zuckerman presso Egea/Bocconi.