
07 Apr Un Regolamento per l’amministrazione condivisa dei beni comuni
La collaborazione tra cittadini e PA oggetto di un innovativo strumento amministrativo
Il “Regolamento sulla collaborazione fra cittadini e amministrazione per la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani” festeggia il suo primo compleanno. E’ il frutto della collaborazione fra Labsus – Laboratorio per la sussidiarietà e i beni comuni, e il Comune di Bologna, che in due anni di intenso lavoro hanno redatto il primo regolamento comunale che consente ai cittadini di prendersi cura dei beni comuni dei luoghi in cui vivono.
“Non più soltanto conflitti, ma anche varie forme di collaborazione. Non per supplire con l’intervento dei cittadini a deficienze vere o presunte delle amministrazioni, in particolare di quelle locali, bensì per affrontare meglio, insieme, la complessità delle sfide che il nostro mondo pone a tutti, amministrazioni pubbliche e cittadini” scriveva un anno fa Gregorio Arena, Presidente di Labsus, in occasione della nascita del Regolamento. Ma in cosa consiste la portata innovativa di questo strumento?
La “rivoluzione collaborativa” è anche istituzionale
Autentica raison d’être del Regolamento è il vuoto normativo rispetto a quel principio relazionale, sancito in Costituzione con l’art. 118 ultimo comma, che è la sussidiarietà orizzontale. Sebbene la nostra Costituzione preveda espressamente che le pubbliche amministrazioni debbano “favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale”, questo prezioso principio non ha di fatto trovato una concreta applicazione nella nostra realtà amministrativa. E non c’è da stupirsi: il modello bipolare ottocentesco, per il quale i soggetti pubblici sono gli unici legittimati ad operare nell’interesse generale, può dirsi de facto tuttora vigente, benché in evidente collasso.
Ma è proprio qui che risiede la carica rivoluzionaria di questa piccola, ma fondante, innovazione istituzionale: i cittadini non sono più considerati come semplici utenti, come meri destinatari dell’intervento statale, ma finalmente riconosciuti come attori chiave nella cura e nella gestione diretta dei beni comuni, dando corpo a quell’astratto concetto finalistico che è l’interesse generale, in nuovo modello relazionale tra cittadini e PA. Un modello non più autoritativo, ma basato sulla fiducia e la collaborazione.
Il Regolamento e i Patti di Collaborazione
Composto da 36 articoli, il Regolamento disciplina le forme di intervento per la cura e la gestione condivisa dei beni comuni urbani attraverso l’adozione di atti di natura non autoritativa che si estrinsecano nella stipula di “Patti di collaborazione”. Non è un caso che si parli di “patti” e non di “accordi”: l’accento è ancora una volta sulla fiducia reciproca alla base di un rapporto paritario, un’alleanza da costruire e poi rinsaldare e alimentare nel tempo, con la pratica della collaborazione. Se il dettato costituzionale invita a “favorire” le iniziative dei cittadini, il Regolamento prevede espressamente delle possibili forme di sostegno, dalla riduzione di canoni e tributi alla concessione di spazi da utilizzare, dall’affiancamento nella progettazione al concorso a eventuali costi da sostenere per gli interventi.
Non solo Bologna: il Regolamento è già un successo!
Ad un anno di distanza, sono ben 33 i Comuni che hanno adottato il Regolamento, nella maggior parte dei casi approvandolo all’unanimità e riadattandolo in base al contesto e alle esigenze locali. Ma non è tutto: in 69 Comuni la procedura di adozione è in corso, mentre sono oltre 4000 le persone che hanno scaricato il Regolamento registrandosi sul sito di Labsus (senza contare che il documento è accessibile anche da altri siti web). Tra queste persone ci sono cittadini attivi, funzionari della pubblica amministrazione, ma anche soggetti del terzo settore, a dimostrare che l’interesse è profondo e diffuso.
Nell’attesa di vedere come, nei prossimi tempi, Comuni e cittadini diano concreta attuazione al Regolamento e sperimentino davvero l’amministrazione condivisa, non si può non essere fiduciosi per questa potente ondata di consapevolezza civica, trasversale, responsabile. E chissà che una semplice innovazione normativa non possa traghettare verso un nuovo paradigma culturale, un mutamento prospettico che permetta di valorizzare finalmente il modello collaborativo e restituire ad esso, per dirla con Marta Mainieri, la sua autentica portata di cambiamento sociale.