Collaboriamo lancia Sharexpo

Collaboriamo lancia Sharexpo

Parte oggi alle 14 la prima tappa di Sharexpo un percorso, promosso da Collaboriamo, Fondazione Eni Enrico Mattei (FEEM), ModaCult-Università Cattolica di Milano e Secolo Urbano, volto a individuare proposte e sfide da intraprendere per la sperimentazione della sharing economy durante Expo.

L’esposizione, prevista per l’anno prossimo a Milano, con i suoi 15 – 25 milioni di visitatori che dovrebbero arrivare in città nel semestre, segnerà un picco della domanda di servizi sul territorio che l’offerta tradizionale non è detto sia in grado di soddisfare. D’altra parte, la domanda di cultura, servizi sociali, progettualità pubblica legata a Expo 2015 potrà diventare un patrimonio da non disperdere dopo la fine dell’evento.

A fronte di questa considerazione, emersa durante Sharitaly, il convegno che si è tenuto lo scorso novembre, la sharing economy si propone come un’opportunità per Milano e per il Paese, perché potrebbe trasformare un grande evento in un momento di inclusione dei cittadini, di creazione di nuovi servizi e di occupazione. Il tutto sfruttando a pieno le risorse esistenti.
Il percorso di Sharexpo si snoda in tre momenti differenti: il convegno che ha l’obiettivo di riunire 60 realtà fra start-up, grandi aziende, associazioni, imprese sociali e rappresentanti della società civile con lo scopo di individuare le criticità e le potenzialità di adottare la sharing economy durante Expo; la costituzione di un Comitato di indirizzo composto da tredici esperti che ha il compito in dieci settimane di preparare un documento da sottoporre alle Pubbliche Amministrazioni; una conferenza stampa finale di presentazione del lavoro svolto alla comunità e ai media a Milano a giugno 2014.

L’obiettivo del documento è di indirizzare la Pubblica Amministrazione verso un’effettiva attuazione dei servizi collaborativi durante Expo 2015 e nel più lungo periodo rendere Milano un modello di sharable city da seguire nel mondo.
Gli ambiti di lavoro individuati sono cinque, che potrebbero aumentare o diminuire a seconda di quanto emerge dalla giornata di oggi:

  • – Ristorazione: potenziare e rendere commercializzabili la creazione di orti urbani, promuovere le cene a casa di privati nonché servizi di condivisione del cibo nei quartieri e così via.
  • – Accoglienza: consentire ai privati di affittare i propri appartamenti o parte di questi per brevi periodi.
  • – Trasporti: favorire la crescita di servizi alternativi come il carpooling (passaggi auto in cui si condividono le spese), il car sharing peer to peer (prestito di auto fra privati) o il ridesharing (condivisione della corsa auto in città).
  • – Tempo libero-cultura: rivitalizzazione dei luoghi pubblici, di quelli inutilizzati e dei quartieri
  • – Lavoro: facilitare l’offerta di tempo e competenze dei cittadini che desiderano mettersi a disposizione dei visitatori di Expo, (guide private, corsi di cucina, ecc.).

 

C’è poco da inventare. Molti servizi esistono già, devono solo crescere e raggiungere quella massa critica necessaria per diventare credibili. Non è un percorso solo per le start up della sharing economy, in questo cammino verso una Milano più condivisa anche aziende e terzo settore possono essere protagoniste. Le prime pensando a nuovi prodotti (importantissimi, per esempio, quelli assicurativi o turistici), o offrendo capitale ma soprattutto struttura e competenza alle start up. Il mondo del no profit, invece, potrebbe diventare attore attivo dei diversi servizi sfruttando le loro reti e le loro risorse (posti letti, cucine, competenze).
Ad abilitare tutto ciò le Pubbliche Amministrazioni, che devono lavorare su tre fronti se desiderano promuovere questo percorso: sulla normativa, per regolare e rendere credibili i servizi; sull’organizzazione, per accompagnare e fare crescere le diverse piattaforme all’interno di una progettualità strutturata; sulla cultura affinché si arrivi a far comprendere il cambiamento anche ai più disagiati che non si può – e non si deve – lasciar fuori da questa opportunità.

Una ricerca di Duepuntozero Doxa che verrà presentata oggi rivela che il 74% degli italiani tra i 18 e i 64 anni è predisposto a condividere e che 1 italiano su 3 ha già usufruito di servizi collaborativi.

Gli italiani paiono pronti. A che punto sono, invece, grandi aziende, pubbliche amministrazioni e terzo settore?