
14 Giu La sharing economy sbarca anche in Medio Oriente
In un’economia collaborativa, le persone condividono le proprie competenze, tempo, spazi, oggetti, sia online che offline, per risparmiare denaro, massimizzare l’uso delle risorse e creare nuove relazioni. Nel corso degli ultimi 10 anni, questo nuovo paradigma è cresciuto molto a livello globale, anche grazie all’ascesa e alla diffusione dell’open source, del crowdsourcing, del crowdfunding, del consumo collaborativo, delle community di makers e di hacker. Ora è il momento dei Paesi Arabi, che da questo punto di vista non sono affatto diversi dagli altri Paesi.
Bayram continua a ripeterlo, sostenendo che il Medio Oriente sia pronto per la sharing economy: “Abbiamo una rivoluzione tecnologica in atto qui in Medio Oriente, abbiamo community, ci fidiamo gli uni degli altri, abbiamo le capacità per condividere e anche noi stiamo attraversando una profonda recessione,” dice. “Abbiamo sia le competenze sia i bisogni.”
In più, le persone stanno già collaborando senza rendersene conto: “a Beirut, le persone condividono i taxi per risparmiare, per trovare le corse più rapidamente e per ridurre il traffico.”
In Siria, le persone condividono i generatori elettrici e più di 38.000 persone hanno aderito ad un gruppo di Facebook per vendere i propri oggetti usati. In Marocco, Avito.ma, un sito di annunci, è diventato il secondo sito più visitato. In Egitto, Palestina e Libano la gente utilizza servizi di crowdsourcing – Wasselni o Ma2too3a – per essere informata sul traffico.
Si tratta comunque ancora di primi tentativi, ma Bayram crede sia solo questione di tempo: “Non appena le persone si renderanno conto dei benefici che possono trarre dalla sharing economy, queste pratiche si diffonderanno sempre più”.
Intanto, Bayran si è trasformato in un vero e proprio promotore della sharing economy, postando notizie sul blog e pubblicando video in inglese e in arabo per spiegarne i principi e i benefici. Dopo l’evento Ouishare dello scorso maggio, ha creato un gruppo su Facebook per promuovere il dibattito e la discussione, sta progettando altri eventi a Beirut, al Cairo e ad Amman e, una volta trovati sponsor e crowdfounder, spera anche nel Maghreb o nel Golfo.
Per approfondire: Aline Mayard per Wamda.com