ENEL e l’innovazione aziendale: Perché le community interne sono un’opportunità per le organizzazioni

ENEL e l’innovazione aziendale - Perché le community interne sono un’opportunità per le organizzazioni.

ENEL e l’innovazione aziendale: Perché le community interne sono un’opportunità per le organizzazioni

Come le community si inseriscono nel contesto organizzativo di un’organizzazione? Perché sono importanti per avviare processi d’innovazione aziendale? Quali vantaggi offrono? Marta Mainieri ne ha parlato con Ernesto Ciorra, Chief Innovability Officer di Enel Group, all’interno della rubrica I protagonisti della community economy. Ne riportiamo di seguito un breve estratto.

L’origine delle community di Enel

Mainieri: -Perché un gruppo come Enel decide, a un certo punto nel 2017, di lanciare delle community interne?

Ciorra: -Se vuoi lavorare su cose che non conosci, su cui non puoi valorizzare le competenze già esistenti, devi lavorare sulla passione, il cuore, il desiderio, la volontà di imparare e di creare nuove competenze. Queste non si possono ottenere selezionando persone già competenti, perché non puoi sapere chi saranno. Lavorare nella gestione di un’impresa e lavorare nell’innovazione è differente perché nelle prima fai leva sulle competenze che conosci, mentre quando crei il futuro devi trovare gli esperti di un certo tema, che di solito sono anche piuttosto nascosti. Spesso nelle community si trovano persone che pur non avendo il curriculum formalmente adatto per essere leader in quell’ambito, lo diventano per competenza e passione. Noi abbiamo cercato di creare in azienda lo stesso clima che c’era a Parigi al tempo degli impressionisti. All’epoca non c’era una istituzione che organizzativa gli artisti, ma questi si riunivano per passione, chi voleva farne parte entrava e quando voleva uscire, se ne andava. Lo stesso accade nelle nostre community.

“Il bello della community è che rompe i pregiudizi, le regole, i silos e ti permette di dialogare”

-Quindi nelle vostre community si entra spontaneamente? 
-No. Nelle community interne devi scrivere nero su bianco chi ne fa parte, in caso contrario c’è il rischio che il capo del singolo membro gli impedisca di partecipare alle attività o agli incontri della community. Si fa la lista di chi sta nella community per poterli “difendere” dall’eventuale ingerenze dei capi. Devi creare un contesto che li difenda, li arricchisca, li stimoli ma non devi essere tu a dirgli cosa devono fare e come.

Come affrontare le resistenze interne all’innovazione aziendale

-Una delle maggiori difficoltà che si riscontrano quando si vuole creare una community sono le resistenze interne: riuscire a rompere normative e modi tradizionali di gestire le organizzazioni molte volte spaventa. Come sei riuscito ad affrontare le resistenze interne?

-Noi abbiamo la bellezza di avere circa 70.000 colleghi nel mondo che sono appassionati ai temi a cui lavorano. Il bello è che molti appassionati di queste tecnologie lavorano in aree completamente diverse. Questo genera due vantaggi. Il primo è che le persone, con culture e background diversi, entrano in contatto e parlano di qualcosa che amano, la tecnologia. Il secondo vantaggio  dipende dal fatto che è possibile applicare quella tecnologia in contesti molto diversi. Quindi chi fa formazione pensa che le community siano utili per favorire l’apprendimento; chi gestisce i punti vendita trova nelle community uno strumento di interazione col cliente; per chi gestisce il contact center è uno strumento che aiuta nella relazione ecc. Tu hai la possibilità di essere pervasivo.

D’altra parte è vero che all’inizio il concetto di community spaventa perché nelle organizzazioni la gente pensa che esistano le “proprietà”: questi stanno nella mia business line, nella mia funzione, nella mia unità. La community, invece, non è di nessuno, non è neanche la community della unità Innovation o innovability: La community è delle persone che la costituiscono.

Quando abbiamo creato le community ci siamo accorti che tutti i casi d’uso che portavano un impatto sul taglio dei costi in azienda, sull’incremento delle revenues o sull’aumento della sicurezza per i nostri colleghi provenivano dalle community. Venivano realizzati nei singoli ambiti di business in cui i membri lavoravano, ma partivano dalle community. Quasi tutti i casi d’uso che poi sono risultati vincenti provenivano dalle community. Questo ha fatto capire ai colleghi che non era uno strumento organizzativo alternativo alle loro strutture organizzative, ma era un’arma potente per aiutare chi ama certi temi a dialogare, per aprire e rompere i silos organizzativi.

Le comunità interne, a chi appartengono?

-Hai detto che le community non sono di nessuno, quindi vuol dire che voi agite da abilitatore. Nel senso che avete costruito l’ambiente nel quale le community si esprimono. Considerando la popolazione delle community, come si relazionano i membri tra loro?

-Il bello della community è che rompe i pregiudizi, le regole, i silos e ti permette di dialogare. Noi, nelle community, abbiamo persone di livelli gerarchici totalmente opposti. Quando sei interessato a un argomento e trovi quello più esperto che ti spiega lo ringrazi, non hai motivi di arrabbiarti. Questo è l’esempio della cultura dell’Enel, non il mega capo galattico o il presidente alla Fantozzi. Tutti si mettono sullo stesso piano, perché mettendosi sullo stesso piano si impara.  La community è anche un potente strumento per trovare menti brillanti. Ricordiamoci: le strutture organizzative sono limitate, perché non si riesce facilmente a trovare quello bravo che può darti un contributo.  Quindi la community è anche un grandissimo strumento di talent scouting. In un ambiente come la community, in cui i membri si considerano dei pari, le strutture organizzative tradizionali sono poco rilevanti.

“Quando abbiamo creato le community ci siamo accorti che tutti i casi d’uso che portavano un impatto sul taglio dei costi in azienda, sull’incremento delle revenues o sull’aumento della sicurezza per i nostri colleghi provenivano dalle community.”

Come lanciare una community interna

-Cosa consiglieresti a un tuo collega che vorrebbe lanciare una community? Da dove partire?

-Parti da qualcosa che è rilevante come la tecnologia o la socialità. Cerca qualcosa che è rilevante per l’azienda e su cui non ci sono sufficienti competenze nel mondo. Se ci sono già sufficienti competenze allora arriverà il professorino che dirà di essere più bravo di tutti. Se invece non ci sono, il bello è proprio quello. Una volta quando hanno intervistato Einstein e gli hanno chiesto “su cosa lavorerai l’anno prossimo?” lui ha risposto “non lo so, se lo sapessi  non la chiamerei ricerca”. Quindi prendi qualcosa che può influenzare il tuo business, magari massacrarlo come una tecnologia, un fenomeno sociale o altre cose, e su quello chiama la gente appassionata e che può dare un contributo. Noi cerchiamo di essere umili e appassionati, solo rimanendo umili e appassionati trovi cose nuove. Nel momento in cui pensi di sapere tutto, sei morto.

 

Guarda qui l’intervista completa:

 

Foto di Jr Korpa su Unsplash

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