
29 Lug I ragazzi stanno bene. La generazione Y desidera lavori impegnati che risolvano i problemi della società
Nell’immaginario collettivo1, la generazione Y – o millennial generation, le persone nate tra gli anni ottanta e i primi anni 2000 nel mondo occidentale – è composta da giovani totalmente assorbiti da loro stessi, incapaci di staccarsi dal proprio iPhone per cercare, o almeno tentare, di trovare un lavoro.
La realtà, per fortuna, non corrisponde a questa immagine stereotipata.
Alcuni ricercatori dell’UCLA, utilizzando i dati dell’indagine nazionale MONITORING the FUTURE – un’analisi sui giovani dell’ultimo anno delle superiori utilizzata fin dalla metà degli anni ’70 per misurare diversi parametri della loro vita e delle loro abitudini, ad es. l’attitudine al consumo di droghe – hanno analizzato gli effetti della recessione sui giovani americani.
Basandosi su una teoria sviluppata dalla professoressa Patricia Greenfield, hanno ipotizzato che i ragazzi che si stavano diplomando durante la recessione economica (dal 2008 al 2010) generalmente avrebbero dovuto essere più attenti ai bisogni della comunità e meno materialisti dei loro predecessori (i diplomati tra il 2004 il 2006).
L’indagine ha confermato le loro ipotesi. Il sentimento di preoccupazione nei confronti degli altri – misurato con domande che assegnavano un punteggio a scalare ad affermazioni del tipo “lavorare per correggere le disuguaglianze sociali”, “avere un lavoro utile per la società”, “mangiare in modo diverso per aiutare chi muore di fame” e “pensare ai problemi della società” – è nettamente sceso tra il 1970 e la pre-recessione, mentre è aumentato significativamente nel momento in cui il tasso di disoccupazione e il reddito medio hanno cominciato a diminuire.
Molte analogie possono essere riscontrate anche con l’ambientalismo: i giovani d’oggi sono più propensi dei loro predecessori al risparmio energetico, ad utilizzare la bicicletta o dei mezzi pubblici per muoversi e, in generale, più attenti alle tematiche ambientali.
Questi risultati riflettono quelli di un’altra indagine globale su un campione di 12.000 giovani della generazione Y, che si sono dimostrati preoccupati delle diseguaglianze sociali e ottimisti rispetto alla possibilità di migliorare le loro comunità locali.
“Se nell’ambiente in cui viviamo c’è scarsità di ciò di cui abbiamo bisogno, la gente presta maggiore attenzione a ciò che c’è” racconta la Greenfield “ e questo cambio di atteggiamento si esprime attraverso una maggiore consapevolezza. A volte cambiano prima gli atteggiamenti, a volte cambiano prima i valori in cui ci riconosciamo, ma sono comunque dinamiche strettamente collegate”.
Ciò non significa, però, che i giovani d’oggi non siano anche narcisisti e molto sicuri di sé. L’indagine ha dimostrato che si considerano molto più intelligenti e bravi a scuola di chi li ha preceduti, nonostante la recessione. Questo dipende in gran parte dall’uso massiccio e continuo di nuove tecnologie.
Concludendo, i giovani d’oggi, cresciuti durante la recessione, nonostante siano dei narcisi incollati all’iPhone, sono anche preoccupati per l’ambiente in cui vivono e attenti ai bisogni della società.
Ma che succederà quando ci sarà la ripresa?
La Greenfield immagina che le cose torneranno come prima, a meno che non trarremo le dovute conseguenze dal disagio provato durante la recessione “Le serie di dati che si susseguono negli anni dimostrano che il sentimento sociale è destinato ad affievolirsi e l’attenzione all’ambiente diminuirà. Se c’è grande ricchezza in una società, i valori individualisti crescono e diminuiscono invece i valori comuni.”
Non ci resta che lavorare perché questo non accada.
1. L’illustratore Matt Bors ha recentemente pubblicato un eccellente articolo che riassume il perché queste generalizzazioni generazionali raccontano molto di più riguardo le persone che le scrivono piuttosto che di quelle di cui si scrive.
Per approfondire: Sydney Brownstone per Co.EXIST