
01 Ott Aziende, reti, territori: i driver dell’economia collaborativa nella ristrutturazione della catena del valore
di Davide Arcidiacono (Università Cattolica del Sacro Cuore)
La crisi economica, pur alle nostre spalle, sembra continuare a ridefinire i processi di costruzione del valore, accentuando il desiderio delle grandi aziende, pubbliche e private, di riposizionarsi e ripensarsi sul mercato, intercettando anche il trend dell’economia collaborativa.
D’altronde, alcuni fattori abilitanti non possono che incoraggiare le aziende a guardare con interesse alla sharing economy e ai suoi sviluppi.
In prima luogo la crescita delle densità della popolazione, in particolare in ambito urbano, che contribuisce a ridefinire le politiche di governo della città e i servizi ad essa collegati (mobilità, formazione, salute, ambiente, ecc.). Su questo fronte grandi aziende, nascenti start up, piattaforme collaborative devono muoversi all’unisono per intercettare le opportunità contingenti derivanti da politiche pubbliche sempre più mirate. Nell’ intreccio sempre più vischioso tra sharing e smart communities, è impossibile non considerare anche le opportunità di finanziamento europeo all’interno del Programma Horizon 2020 o degli imminenti PON Metro, che destinano all’innovazione sociale in ambito urbano risorse significative.
Anche i continui processi di esternalizzazione e snellimento produttivo, al centro dei processi di ri-organizzazione aziendale, non possono che trarre ispirazione e valore dall’economia collaborativa: dalla questione degli spazi di co-working, alle collaborazioni esterne, alla logistica.
Questo processo non risparmia neppure la pubblica amministrazione e la ridefinizione dei suoi rapporti con i cittadini in un momento in cui la nuova legge nazionale promuove il primato del “digital first”, incoraggiando un bisogno di servizi e competenze digitali necessarie a riconfigurare i processi redistributivi del welfare state.
Inoltre, nuove categorie di bisogni “scoperti” dalle attuali politiche sociali in via di ricalibratura potrebbero rappresentare un vero e proprio green field per l’economia collaborativa e per lo sviluppo di nuovi servizi di sharing. Anche lo stesso welfare aziendale, risorsa di benessere per i lavoratori di un’impresa, leva sempre più importante del committment e dell’Employer Branding, può essere concepito in chiave sempre più collaborativa, con potenziali vantaggi anche in termini di costo.
Dall’altra parte non è possibile ignorare anche il processo di profonda trasformazione dei comportamenti d’acquisto generato dalla crisi, che ha rilanciato l’e-commerce e un orientamento all’”affare”, che non trascura tuttavia la rilevanza della dimensione etica dei propri moventi d’acquisto. E’ un consumatore sempre più esperienziale ed interessato ad addizionalità di servizio ( e di relazione) quello che troverebbe proprio in nuove opportunità di interazione fornite dalla pratica della condivisione una sorgente di valore che si scaricherebbe sulla brand equity , nonchè sui livelli di customer satisfaction e di loyalty.
I pur significativi vantaggi e opportunità offerti dalle economia collaborativa non sarebbero scevri da incognite e rischi. Innanzitutto, una scarsa fiducia e percezione di sicurezza degli utenti rispetto agli strumenti informatici (tipico di un paese con ancora un basso tasso di alfabetizzazione informatica) per cui i tradizionali rating on line non sempre rappresentano una soluzione efficace e trasparente nella promozione degli scambi condivisi. A ciò si aggiunge un sistema di protezione dei consumatori italiano meno efficiente rispetto ai sistemi di common law (primo fra tutti la mancanza di una vera azione di classe). Preoccupa altresì l’incertezza degli esiti del dibattito sulla regolamentazione della sharing e dei modelli di internet governance, che potrebbero modificare la mappa delle opportunità e dei vantaggi (…di cui è un anticipo in qualche modo il caso Uber). Ma in questo senso il vantaggio competitivo rimane comunque in mano ai first mover, ovvero a quelle aziende che sapranno intercettare per prime il cambio di passo promosso dalla logica della condivisione, ponendosi per prime e in maniera originale sul mercato collaborativo (implementando nuovi servizi o riconfigurandone di vecchi), sviluppando una più solida community base e una reputazione digitale all’altezza della sfida.