
05 Nov E’ tempo che le aziende si accorgano dell’economia collaborativa: parola di Lisa Gansky
di Davide Arcidiacono
Lisa Gansky, imprenditrice e celebre autrice di “The Mesh”, è stata una delle prime a intuire le potenzialità trasformative dell’economia collaborativa. In occasione del suo prossimo intervento a Sharitaly 2016, abbiamo preso spunto per farle qualche domanda. Sono passati ormai più di sei anni dal suo libro e cosi le abbiamo chiesto quali sono i cambiamenti più importanti che si sono realizzati da allora:
“Oggi abbiamo esempi di economia collaborativa in più di 190 paesi…inerenti a quasi tutti i settori, dal cibo ai trasporti, dai viaggi alla moda, alla finanza. Globalmente si stima che il valore generato dall’economia collaborativa superi i 160 miliardi di dollari. Ci sono casi di start-up finanziate da Venture Capitalist che stanno crescendo rapidamente, ma ci sono molti più casi di piccoli esperimenti locali che hanno assai meno attenzione sulla stampa ma che genererebbero altresì un maggiore impatto sociale, come Sardex, Gnammo, Unmonastery. Non mi sorprende che gran parte di questi esperimenti siano stati realizzati proprio in Italia. Certo siamo solo all’inizio nella costruzione di comunità globale…ma abbiamo persone creative e appassionate che stanno lavorando per la costruzione di metriche e strumenti per aumentare i benefici e la fiducia necessaria, mentre sempre più persone chiedono che le politiche sostengano questo processo…”
Una profonda trasformazione delle nostre economie è dunque in atto ed è sempre più veloce e intensa. Ma le aziende? Hanno veramente capito cosa sta accadendo, che cosa è l’economia collaborativa?
“Chiunque fa business sull’innovazione– continua Gansky – deve essere aperte a cosa accadrà domani e le migliori idee possono arrivare dovunque e da chiunque…Ciò di cui le imprese hanno bisogno per innovare è proprio la fiducia nel futuro dell’openness e della collaborazione. In questo senso l’economia collaborativa offre alle aziende un modo semplice di coinvolgere nuovi talenti provenienti da ogni parte, idee nuove e giovani imprese. GE, citi, Eni, BMW, Fiat, Hyatt, Unilever, Castorama e Barclay’s e altri grandi multinazionali con cui ho lavorato si sono accorte che la maggior parte delle innovazioni provengono dall’esterno” dell’azienda. Pertanto, la principale attività di queste imprese è sviluppare dei «recettori» per attrarre, apprendere e collaborare al di fuori del core business aziendale. In molti casi le aziende si stanno proprio impegnando nello scoprire e sviluppare i propri «muscoli» della collaborazione….Tutti noi, grandi aziende e imprese nascenti, stiamo iniziando a valutare sempre più criticamente i benefici della proprietà rispetto a quelli dell’accesso a prodotti, servizi e talenti solo quando ne hai veramente bisogno….Molto di ciò che le grandi corporation possiedono non è pienamente utilizzato, possono essere veicoli, fabbriche, strumenti, partnership, valori di marca e persino talenti”.
Potresti riportarci proprio una tua esperienza fondamentale con una delle tante aziende con cui hai lavorato in questi anni che ha abbracciato con convinzione questo processo di innovazione basato sulla collaborazione?
“Con Barclays, abbiamo dato vita ad una sperimentazione nelle diverse regioni in cui operano (Regno Unito, Europa, Kenya, Sud Africa, Israele e India). Conclusa questa fase esplorativa, si sono resi subito conto che le nuove giovani aziende stanno creando e catturando valore più velocemente di società consolidate, e che, in secondo luogo, proprio nel core business della finanza, la tecnologia sta costantemente guidando un cambiamento radicale. Il modo migliore per affrontare questa opportunità è stato quello di creare un nuovo marchio e una piattaforma globale per l’innovazione, chiamata «Rise». Dal suo lancio Rise ha già prodotto programmi per oltre 500 nuove imprese in 4 continenti. Questo modello sarà certamente raffinato e regolarmente aggiornato nel tempo ma Barclays vede nell’ascesa di questa piattaforma come uno strumento iper-resiliente per collegare innovatori e imprese che sono maturi per il cambiamento, a partire propria da se stessa”.
Ma questo non è certo un processo scontato, e l’interesse delle aziende per l’economia collaborativa si scontra con la necessita di superare alcune barriere fondamentali all’innovazione:
“Per prima cosa-conclude Gansky- ci vuole ottimismo per il futuro. Non è possibile inventare o pensare al futuro pensando che nostri giorni migliori sono già alle nostre spalle. Per molti marchi affermati questo rappresenta un rischio credibile ma i «bei vecchi tempi», beh, sono solo vecchi. Sono nel retrovisore ora. Per innovare c’è bisogno di guardare avanti con proattività, apertura e curiosità. Seconda cosa bisogna avere il coraggio di sperimentare, imparare e crescere. Cercando di iniziare anche con piccole cose come base di partenza ma sapendo che, una volta che stanno funzionando, è possibile svilupparne la scalabilità. Gran parte del potere delle grandi aziende risiede proprio nella loro capacità di costruire relazioni fiduciarie con talenti e team altamente specializzati, sviluppare partenariati e scalare ciò che funziona”.
Per Lisa Gansky il futuro dell’economia collaborativa è, dunque, di chi saprà coglierlo e di chi guarda “sempre avanti!” perché non c’è innovazione senza visione e senza coraggio.
Lisa gansky sarà a Sharitaly il 9 e il 10 novembre.