
25 Ott Commons e cooperazione tra Stato-partner e burocrazia
Siamo sicuramente davanti a un momento cruciale per il futuro della sharing economy a livello globale (incluse le necessarie differenziazioni della on-demand economy). E per ampliare il dibattito anche in Italia, durante la terza edizione di Sharitaly non mancheranno le occasioni per analizzarne le mille sfaccettature. Compresa una conversazione (alle 17.30 di lunedì 9 novembre), che si preannuncia davvero stimolante, tra due esperti e attivisti internazionali: Michel Bauwens (p2p Foundation) e David Bollier (ricercatore e autore Usa). Il tema prescelto – “Lo Stato-partner e la burocrazia umana” – va rivelandosi centrale per dar sostegno a quei commons che sono pilastro condiviso dell’economia collaborativa e per fronteggiare le rampanti disfunzioni del binomio mercato-istituzioni.
Non a caso David Bollier, nel suo libro di recente uscita presso Stampa Alternativa, La rinascita dei commons [disclaimer: tradotto dal sottoscritto], torna spesso sul tema delle ingerenze passate e delle possibili partnership con “lo Stato”, scrivendo fra l’altro:
La nuova frontiera dei beni comuni sotto tutela statale risiede nell’ideazione di forme istituzionali e principi giuridici capaci di migliorare la governance delle risorse collettive di ambito regionale o globale. È evidente che gli Stati-nazione e i trattati internazionali esistenti non sapranno imporre dei limiti alle emissioni di carbonio, per esempio, né impediranno la distruzione delle zone ittiche e delle barriere coralline o la perdita della biodiversità, tutte questioni che trascendono le giurisdizioni politiche. Trascurati per decenni, questi problemi non hanno fatto che aggravarsi: il mercato-Stato non è in grado di porre limitazioni sig nificative all’attività commerciale che continua ad esacerbarli.
Da parte sua, Michel Bauwens propone piuttosto una sorta di “triarchia” tra mercato-Stato-beni comuni, spingendo le istituzioni a spostare il loro baricentro per diventare effettivamente uno «Stato partner», e qualcosa di più di un semplice socio del mercato. Ovvero, citando ancora dallo stesso libro:
Come membro di questa “triarchia”, lo Stato continuerebbe a svolgere un ruolo importante nella gestione delle risorse non facilmente sud- divisibili (l’atmosfera, zone ittiche oceaniche, il genoma umano) e di quelle che possono generare grandi quantità di denaro su base regionale (estrazione petrolifera, minerali). E dovrebbe prendersi cura con maggior coscienziosità ed efficacia di terreni pubblici, parchi nazionali, aree naturali, attività di ricerca finanziate con fondi pubblici e infrastrutture civili. Occorre strutturare le agenzie governative – da tempo abituate a distribuire gratuitamente beni e infrastrutture sovvenzionate alle voraci corporation – in modo che possano agire come amministratori fiduciari coscienziosi e trasparenti degli assetti collettivi.
Ovviamente queste visioni complementari (qui iper-sintetizzate) rimandano alle contaminazioni continue tra questi soggetti “storici” e altri più emergenti, pensando ad esempio alle molteplici forme cooperative che applicano da tempo lo scambio diretto di beni e servizi, e (a livello più macro) collaborando per la messa a punto di modelli interconnessi capaci di promuovere una maggiore efficienza ambientale ed economica delle risorse. E certamente la cooperazione nelle sue varie forme aiuta anche superare i tanti impassi burocratici che limitano ancora lo svilupo di questi modelli, come si discuterà certamente nell’incontro a Shareitaly.
Un quadro rafforzato dalle testimonianze dirette di comunità che in varie parti del mondo sperimentano con ulteriore formi cooperative localizzate, dalle valute alternative alle attrezzature agricole open source, dal co-learning alle città come commons (tema quest’ultimo a cui è dedicata la prima conferenza internazionale, Bologna, 6-7 novembre). È quanto conferma un’antologia appena uscita in inglese, Patterns of Commoning, curata dallo stesso David Bollier (insieme a Silke Helfrich) e inclusiva di svariati saggi sulle pratiche condivise dei pescatori scozzesi, dei Maori in Nuova Zelanda, dei contadini sud-africani e tanti altri. Questa è l’ultima fatica del ricercatore Usa, che fin dai primi anni ’90 vanta al suo attivo diversi altri libri, studi e attività finalizzati a esplorare i “commons come nuovo paradigma economico, culturale e sociale”. È stato anche co-fondatore di Public Knowledge, una non-profit dedicata alla tutela della conoscenza condivisa e del pubblico dominio, e cura un blog personale caldamente consigliato.
Invece Michel Bauwens si muove più sul fronte del peer-to-peer in tutte le sue possibili accezioni (e pratiche), non solo in quanto co-fondatore della P2P Foundation con base ad Amsterdam, ma anche in qualità di consulente e collaboratore per svariate entità internazionali su tematiche quali produzione peer-to-peer, governance e property. Fra i tanti progetti, nel 2014 Bauwens ha curato il primo Commons Transition Plan integrato per l’Ecuador finalizzato alla creazione di una “economia di conoscenza sociale”. Da qui, a inizio 2015, è partito il progetto CommonsTransition.org il cui obiettivo a lunga scadenza è quello di creare una “società dei Commons tramite cui realizzare mondo più paritario, giusto, e stabile a livello ambientale”. Infine, Bauwens è tra i fondatori del Commons Strategy Group (con Bollier e Helfrich) che in passato ha organizzato due importanti conferenze internazionali su commons ed economia.